“Mi vedo madre, ma non adesso. Così a 34 anni ho scelto il social freezing”

FONTE: HUFFPOST

Si scrive social egg freezing, si legge congelare gli ovuli oggi per diventare mamma più avanti. È il metodo a cui si ricorre quando, ad esempio, non ci si sente ancora pronte per affrontare una gravidanza o si vuole aspettare l’arrivo del vero amore, ma anche quando si è in attesa di sottoporsi a chemioterapia, radioterapia o a cure che incideranno sulla propria capacità riproduttiva. La scelta di preservare la fertilità viene fatta anche da chi, prima di avere un figlio, vuole sentirsi totalmente realizzata negli studi o nel lavoro: è questo il caso di Arianna, musicista di 34 anni, che circa un paio di mesi fa si è sottoposta al congelamento degli ovociti.

 

La sua storia inizia l’anno scorso quando, sfogliando una rivista su un treno Milano-Roma, incappa in un articolo sul congelamento degli ovuli. “Ho continuato a pensarci per giorni. Alla fine, ho capito che poteva essere la strada giusta”, racconta ad Huffpost. Arianna ha una relazione stabile da quattro anni, convive, ed è concentratissima sul proprio percorso lavorativo, che coincide con la sua più grande passione: la musica. “In futuro mi vedo madre – confessa –, ma al momento farei fatica a mettere in pausa i miei progetti per una gravidanza”. Così, dopo averne parlato col suo compagno, la 34enne ha contattato una clinica privata specializzata e ha iniziato il percorso: la prima visita ginecologica, le analisi del sangue, gli ormoni e i monitoraggi. Poi, finalmente, l’estrazione degli ovociti.

“Il ciclo di stimolazione ormonale serve a far produrre più ovuli, segue il prelievo attraverso un intervento semplice, di breve durata, che non lascia cicatrici. Gli ovuli vengono poi congelati e inseriti in una criobanca, in modo che siano utilizzabili quando si vorrà avere un bambino. La gravidanza, nel frattempo, può anche arrivare naturalmente. In quel caso, se si vuole, gli ovuli conservati possono essere donati ad altre aspiranti mamme”, ci spiega Luca Gianaroli, direttore scientifico della Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione (SISMeR), punto di riferimento internazionale nell’ambito dell’infertilità, della procreazione medicalmente assistita e della genetica.

 

Ma quando è il momento giusto per sottoporsi al social egg freezing? Il dottor Gianaroli afferma che “la quantità e la qualità degli ovociti prelevati diminuisce con l’avanzare dell’età. Per ottenere risultati migliori è quindi consigliabile procedere alla crioconservazione entro i 35 anni. Va però specificato che ogni donna, a prescindere dal dato anagrafico, ha una riserva ovarica diversa e per questo, prima del prelievo, è utile sottoporsi a un paio di semplici esami per capire quale sia lo stato qualitativo e quantitativo della propria fertilità”. Arianna, per esempio, racconta che col primo intervento è riuscita a crioconservare 12 ovociti, che potranno essere usati anche tra diversi anni ma senza esagerare: “Anche l’utero invecchia”, avverte Gianaroli.

 

Nel mondo, intanto, sono sempre più le donne che scelgono di posticipare la gravidanza conservando le cellule uovo: in Gran Bretagna, l’Autorità per la Fecondazione Umana e l’Embriologia (HFEA) rende noto che il numero di cicli di conservazione di embrioni e ovuli è aumentato del 523% tra il 2013 e il 2018, passando da 1.500 cicli nel 2013 a quasi 9mila nel 2018. Anche nello showbiz cresce il numero delle star che optano per il social egg freezing, condividendo la loro esperienza col pubblico e i fan: la top model Bianca Balti, per esempio, ha dichiarato di aver congelato i suoi ovociti in modo da poterli utilizzare in futuro quando e se deciderà di avere un altro figlio (è già madre di due bambine). Dopo un primo prelievo di ovociti, la modella ha deciso di effettuarne un secondo a seguito della diagnosi di mutazione genetica che aumenta il rischio di sviluppare il cancro ovarico, per cui ha scelto l’asportazione preventiva delle ovaie e delle tube di Falloppio.

 

Al di là delle statistiche estere e dei casi celebri, in Italia il congelamento degli ovuli è ancora meno diffuso che altrove, probabilmente per scarsa conoscenza del tema ma anche per questioni economiche, visto che si tratta di un trattamento che non è eseguibile presso le strutture pubbliche (fanno eccezione le pazienti oncologiche). La procedura medica – riferisce Gianaroli di SISMeR – ha un costo medio di 2.500 euro: una cifra non indifferente per giovani donne che si apprestano ad entrare (o sono entrate da poco) nel mondo del lavoro o che non dispongono ancora di totale indipendenza economica.

Eppure, anche se non abbiamo dati ufficiali, l’esperienza delle singole realtà sanitarie suggerisce che qualcosa inizia a muoversi lentamente anche entro i nostri confini. “L’Italia, a differenza delle realtà anglosassoni, è ancora agli albori. Posso però dire che quest’anno, presso la nostra struttura, abbiamo già raddoppiato il numero dei congelamenti rispetto al 2021”, dice ad Huffpost Stefano Zaffagnini, direttore del Centro di procreazione medicalmente assistita (Pma) Tethys di Verona e già responsabile dell’ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento. È stato proprio lui ad assistere la mamma di 45 anni (“non 43 come era stato riportato”, specifica il medico) che ha dato alla luce il primo bambino concepito da un ovulo congelato in Veneto. La 45enne “sapeva benissimo quanto il tempo potesse influenzare la fertilità. È infatti una professionista del settore, un’ostetrica che ho avuto modo di conoscere quando lavoravo in ospedale. Ai tempi, non aveva ancora trovato il partner giusto e per questo ha deciso di procedere al congelamento degli ovuli”, racconta lo specialista. A 41 anni, dopo l’incontro col compagno della sua vita, l’ostetrica ha stabilito che era il momento giusto per affrontare una gravidanza. “Dopo vari tentativi – spiega il direttore di Tethys –, a cavallo tra il 2021 e il 2022 è arrivata la notizia tanto attesa”.

 

Lieti finali a parte, Zaffagnini sottolinea che “il social egg freezing è un’opzione percorribile, ma non dà garanzie di successo. La strada migliore è sempre fare figli presto, come accade in Nord Europa. Ma va detto che nel

nostro Paese le misure di sostegno alla natalità, dall’accesso alla maternità all’asilo nido, non sempre facilitano questa scelta”. Considerando inoltre che le italiane diventano madri sempre più tardi (mediamente attorno ai 33 anni, secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute) e che il calo delle nascite è ormai un problema consolidato, risulta ancora più importante fare educazione sui temi della fertilità. Ne è convinto il dottor Gianaroli di SISMeR: “Le faccio un esempio. Ho provato spesso a domandare a giovani pazienti di elencarmi gli effetti negativi del fumo. Tutte hanno risposto citando l’aumentato rischio di malattie polmonari e cardiache, oppure l’invecchiamento precoce della pelle. Nessuna di loro ha saputo dirmi che il fumo influenza negativamente la fertilità e accelera l’invecchiamento delle ovaie, anticipando la menopausa mediamente di 2-3 anni. È evidente che abbiamo bisogno di informare di più e meglio”.